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BREVE STORIA DELLE PERSECUZIONI RELIGIOSE A PAESANA  

VALDESI A PAESANA
Alla morte di Ludovico II, il Marchesato di Saluzzo fu retto dalla sua seconda moglie, Margherita di Foix. [...] Esso ottenne, tra l'altro, la diocesi sotto la quale furono trasferite tutte le parrocchie della valle ad eccezione di Barge e Bagnolo.
Fin dal primi decenni dei '300 era intanto fiorita, in Paesana ed Oncino, l'eresia catara che col tempo aveva preso caratteristiche prettamente valdesi.
La predicazione del Barba Martino Pastre che dal pinerolese si era spinto fino a queste terre, aveva cominciato ad attrarre l' attenzione dell' Inquisizione.
"Il Valdismo era, in quell'epoca, un "movimento" per nulla uniforme e piatto: la ricerca a tutti i costi di una continuità tra esso e l'attuale Chiesa Valdese protestante, ha portato spesso a delle forzature. Piuttosto, nel Piemonte Occidentale, accadde che si diffusero elementi di catarismo in correnti che originariamente non nacquero come catare e che non mancarono di incontrarsi con espressioni apostoliche e fraticellesche, di tipo pauperistico. [...] Non mancavano poi, a tale movimento, venature di protesta sociale contro il mondo feudale e la collaborazione prestata ad esso dalla Chiesa Cattolica Romana". [ 1 ]
Inizialmente le popolazioni convertitesi alla Riforma di Valdo, poterono godere di un' ampia libertà di coscienza, vivendo pacificamente al fianco del loro compaesani cattolici.
Pare infatti che, gli abusi e le usurpazioni di cui si fa cenno nei primi atti inquisitoriali del 1509, che preludono allo scoppio della crociata, fossero pretesti che nascondevano l'ingordigia degli inquisitori, della Marchesa e della sua corte che, d' accordo con parte dei potere laico ed ecclesiastico, videro nella crociata una facile maniera per dividersi i beni confiscati agli "eretici" (la Marchesa era in debito per opere prestate dai suoi abitanti, con la comunità di Gilba che, a quel tempo, era numerosa e dove le terre scarseggiavano: vedeva quindi nell'eventuale esproprio di case e terreni nei territori confinanti della Val Po una maniera di ripagare il proprio debito).
I numerosi "errores" individuati dall'Inquisizione descrivono una società riformata dotata di una cultura sorprendente per dei montanari dediti a piccola pastorizia ed agricoltura per di più su terreni poveri, marginali e poco esposti al sole. Sicuramente la predicazione di Barba itineranti provenienti da altre realtà vicine e lontane dovevano aver influenzato a fondo la comunità locale. Tra l'altro da questi documenti viene fuori una società rurale in cui le donne hanno pari dignità degli uomini (in montagna le donne faticano tanto e forse più degli uomini), dove si dubita fortemente delle imposizioni della Chiesa Cattolica e fa mostra di se una certa visione materialistica (non si crede all'efficacia dell'acqua benedetta - la quale non ha più poteri di quella piovana - ai suffragi per i defunti - che non hanno utilità per le anime ma solo per le tasche dei sacerdoti cattolici - alle preghiere personali e richieste particolari rivolte ai santi, al papa - che non è diverso da qualsiasi laico - agli ordini, alle unzioni sacre, alle indulgenze, ai pellegrinaggi ecc.). Tra gli errores vi è la convinzione che "condannare a morte gli uomini, anche se per giusta causa, è peccato mortale" ed acora che "è possibile disobbedire all'autorità (religiosa o civile) se il precetto che ne proviene non collima con la Parola di Dio". [ 1 ]

ARRIVA L'INQUISIZIONE
Non avendo prove dell' effettiva esistenza sul territorio dell' "eresia", che si sospettava soprattutto fra gli abitanti delle frazioni di "Pravigliermo" (l'odierna Prato Guglielmo), Croesio, "Biatonetto" (Biatonet) e "Bioletto"(la parte alta della Comba dell'Erasca) l' Inquisizione invitò pubblicamente gli eterodossi a fare atto di sottomissione. Poiché nessuno si presentò e rilevato che nelle borgate sospettate tutti partecipavano al culto cattolico e non si potevano notare evidenti diversità nella vita esteriore che permettessero d'individuare i valdesi, l'Inquisizione temette di essersi ingannata. Attraverso l'arresto di alcuni sospetti e le confessioni strappate loro con l'uso di torture, essa riuscì successivamente ad individuare diversi eterodossi che fece arrestare avvalendosi dell'opera di duecento fanti che saccheggiarono i villaggi e le case dei valdesi, molti dei quali si rifugiarono nelle montagne che da Pian dei Lupi salgono verso Ostanetta o su quelle più alte ai confini con Oncino. Successivamente vi furono altri arresti ed Il 24 Marzo del 1510 coloro che non seppero appagare la "curiosità malsana dell' Inquisitore, desideroso di nuove vittime" furono condannati al rogo.
Questo venne preparato in Croesio ma fu sventato da un' improvvisa nevicata che determinò un rinvio dell' esecuzione. Nella notte tuttavia i poveri condannati riuscirono a fuggire delle carceri e a rifugiarsi in montagna, forse presso le meire di Pian Croesio. Inquisizione, vistasi beffata, decise di rivalersi su quelli

S. Lorenzo di Prato Guglielmo,
particolare di una corte chiusa,
l'Inquisizione è passata anche di qui.

tra gli arrestati che con le loro dichiarazioni e confessioni si erano guadagnati la promessa dell' incolumità avendo tra l'altro
rivelato i nomi dei propri compagni. Tre di essi furono così arsi il 2 Maggio tra le ghiaie del Po, presso i Morena, malgrado la parola data. Altri due valdesi di Mombracco salirono il rogo, mentre ai restanti toccarono la fustigazione o l' esilio.
La maggior parte però fuggì verso le montagne della Val Pellice mentre qualcuno fece atto di sottomissione alla fede cattolica. Le terre confiscate furono date in pagamento per i debiti del Marchesato ma molti dei beneficiari, vista la povertà di questi possedimenti, si rifiutarono di andare ad occupare quelle terre. Tra quelli che lo fecero (evidentemente perchè le terre da cui provenivano ancora più povere) vi furono alcuni abitanti di Gilba: molti cognomi attuali (e nomi delle borgate: per es "Barra") della zona sono infatti di origine di questo comune della Val Varita. [ 2 ]
Approfittando dell' allentamento della presenza Inquisitoriale molti fecero successivamente ritorno alle loro case e "segretamente ripresero nelle più alte borgate della valle i loro esercizi di culto radunandosi in une casa di Bioletto (probabilmente la Comba dell'Erasca) che il cronista dice fatta e forma di labirinto".
Le spie dell'Inquisizione tuttavia vennero e conoscenza di questo fatto e ne informarono Margherita di Foix che pubblicò un nuovo editto di Crociata (23 giugno 1510) in cui dava pieni poteri a Giovan Andrea Saluzzo Castellar Paesana, signore delle nostre terre. Questo documento ci è pervenuto ed è conservato nell'archivio di Saluzzo Paesana presso l'archivio storico di Torino.

L'ESILIO E LE SCORRERIE IN ALTA VALLE
La crociata portò alla distruzione del "Labirinto" di Bioletto (probabilmente in borgata Piglioni - I Pioum [ 1 ]) li 13 luglio 1510, all'esilio dei valdesi e alla confisca di tutti i loro beni presso Oncino, Croesio e "Bietonetto". Gli esiliati e coloro che erano fuggiti si erano intanto rifugiati in Val Pellice, dalla quale ritornano alla valle natia nel 1512, con l'intento di riprendere il possesso delle loro proprietà.
Essi fecero scorrerie armate nelle borgate di Oncino e Paesana incendiando case e fienili e ritraendosi successivamente, carichi di bottino, presso i confratelli delle valli pinerolesi. Il cronista riporta che le violenze e le crudeltà compiute durante queste scorrerie furono di molto esagerate per spirito di parte dagli antichi storici cattolici e dei valdesi stessi che, per malinteso orgoglio nazionale, vollero fare di questa spedizione quasi un preludio al grande trionfale rimpatrio dell'anno 1789".
In realtà il totale degli uomini uccisi durante tutte le scorrerie salì appena a cinque, furono abbattute più di cento bestie, che il più delle volte appartenevano, in origine, ai valdesi stessi ed erano state confiscate.
Da sottolineare è però che "il ripetersi delle scorrerie produsse grande effetto sulla popolazione cattolica, che fino a pochi anni prima era vissuta in armonia con loro e non era forse colpevole della persecuzione".

IL DESIDERIO DI PACE
A questo punto prevalse un generale desiderio di pace asseco ndato dallo stesso Giovan Andrea che pare avesse cominciato a simpatizzare per gli eterodossi (anche se, in realtà, potè spartirsi quasi un terzo netto dei valori confiscati durante la crociata...).
Margherita ottenne da Papa Leone X un Indulto per gli "eretici" che, pagando un risarcimento danni, avrebbero potuto rientrare in possesso di parte dei loro beni.
Quando i valdesi riscattarono parte della loro proprietà si resero subito conto che i saccheggi e l'abbandono le avevano gravemente impoverite impedendo loro di soddisfare le esose richieste della corte. Margherita volle tuttavia pretendere ugualmente la riscossione stabilita e impose con un nuovo editto lo sfratto dalla valle dei valdesi sotto la minaccia di morte. Tuttavia i signori del luogo, resisi conto della situazione penosa in cui erano stati messi molti valdesi, che tra l'altro erano fra i montanari più intraprendenti e, grazie ai contatti con i loro confratelli riformati di tutta l'Europa, tra I più istruiti, rinunciarono ai loro diritti "col patto che pagassero loro ogni anno, nel giorno di S. Martino, dieci ducati; tenessero In ordine il mulino di Paesana e rifornissero le loro mense di lepri pernici e sparvieri. Essi fecero anche pressioni su Margherita che e sua volta si accontentò di un risarcimento più equo.
I valdesi superstiti poterono dunque, sia pur frenando e mascherando più di prima il loro proselitismo con la partecipazione assidua ed esteriore al culto cattolico, vivere di nuovo in pace nelle loro terre natie.

GLI UGONOTTI E LA RIFORMA
Furono però pronti ad abbracciare la riforma protestante che di li a poco valicò le Alpi portando "un nuovo alito di vita spirituale" e si diffuse a Paesana nonostante le violente persecuzioni dei governatori francesi e dei duchi di Savoia per quasi un secolo, dal 1530 al 1620.
I paesanesi questa volta non opposero alle violenze che furono fatte loro che "la serena tenacia della loro fede e del loro martirio". Tuttavia "...pare che nel 1535, in Paesana, si tenessero delle pubbliche congregazioni di riformati, alle quali accorresse gente da ogni borgo del Marchesato. Il nuovo rito incontrava il favore non solo delle antiche famiglie valdesi ma anche di molti cattolici [ 1 ]".
Solo la guerra con la Francia e l'occupazione del Marchesato impedirono una nuova crociata contro "Valdesi e Luterani" di Paesana. Così le comunità della Val Po si ritagliarano per qualche tempo una certa libertà di culto che permise addirittura la nascita ufficiale di due chiese riformate, una a

l'attuale Chiesa Cattolica di prato Guglielmo
(S. Lorenzo), costruita sui resti di edifici
precedenti, forse distrutti nel 1633

S. Lorenzo di Prato Guglielmo e l'altra nell'alta Comba dell'Erasca, le quali avevano ognuna stabilmente un proprio Barba.
Vennero addirittura tenute alcune assemblee di riformati a livello intervallivo (e forse internazionale) a Prato Guglielmo nell'estate del 1561 e quivi si celebrò il Sinodo del 2 giugno 1567 [ 3 ].
Quando il dominio francese (poco interessato alle questioni religiose di una vallata laterale della marginale Val Po) finì ed i Savoia invasero il Marchesato (1588) e le persecuzioni ricominciarono.
In meno di cento anni i territori di Paesana e di Oncino persero molti dei loro figli più valenti e molti degli elementi migliori e più intraprendenti (situazione che si ripresenterà più volte nella storia delle Valli, prima con l'emigrazione stagionale e poi con quella stabile e con la colonizzazione culturale del XX sec).

Vi è stata spesso confusione per quanto riguarda le eresie praticate nell'Alta Valle Po: in taluni documenti si parla infatti degli Ugonotti che, cacciati dal Delfinato e provenienti della Val Varaita, si insediarono nel territorio dell' Alta Valle Po, compiendo tra l'altro il saccheggio dei santuario di S. Chiaffredo a Crissolo. Essi erano probabilmente di fede calvinista e si narra che lo stesso Calvino si rifugiò a Oncino sotto Il falso nome di Carlo Despeville, quando fuggì da Ginevra nel 1548.
Alla confusione tra eretici e le diverse religioni riformate contribuì il soprannome che a tutti venne dato di "Barbetti" (in paesanese "barbat") essendo spesso chiamato "barba" a il pastore.
Proprio al fine di ricondurre alla dottrina cattolica la popolazione paesanese, senza ripetere gli eccessi dei 1500, nel 1620 era stato istituito nel borgo di S. Margherita un convento Cappuccino Domenicano (nell'edificio che oggi ospita la "Trattoria del Giardino"). Esso fu presente sul territorio fino al 1810, tuttora esiste la Casa della Missione, dove tra l'altro furono scoperti collegamenti sotterranei con edifici pubblici e chiese (e forse col Palazzo dei signori di Paesana).



La borgata Pi-oun (Piglioni), uno delle più grosse della Comba dell'Erasca,
al tempo forse denominata "Bioulet" (Beoletto), qui sorgeva probabilmente un
Tempio eterodosso. Oggi, proprio come dopo la cacciata dei "barbat",
è completamente abbandonata.


La vita di cattolici e riformati procedette ancora per qualche tempo pacifica e questi ultimi poterono contare su qualche forma di libertà di culto fino al 1618, anno in cui fu imposto loro di farsi registrare come tali.
Nel 1622 tutti i riformati furono invitati a presentarsi a Saluzzo per rispondere dell'anticipato rientro nelle proprie case, per paura di essere arrestati nessuno si presentò e furono condannati in contumacia al bando definitivo dalle terre dei Savoia [ 1 ].
L'opera dei cappuccini, intanto, era alquanto difficoltosa: spesso i paesanesi riformati non si facevano trovare o continuavano i propri lavori senza prestar loro orecchio. Col tempo e con la minaccia di pene e di multe, i cappuccini incominciarono ad avere un certo seguito (anche se forse solo a livello formale, proprio per non incappare nelle sanzioni previste). Si innalzano croci sui monti (a Tournour e alla Bersaia) ma più volte esse vengono divelte. I cappuccini fecero restaurare la Cappella di Croesio ma gli abitanti non sapevano più a quale santo fosse dedicata: li convinsero a intitolarla a S. Giuseppe. A volte a Prato Guglielmo e nella Comba dell'Erasca i cappuccini non riuscirono proprio a trovare ascolto: "in ogni borgata essi trovano un tempio con una cattedra" (a S. Lorenzo di Prato guglielmo la pietra della porta aveva la data di restaurazione del 1600"(Ferrerio) [ 4 ].

Frustrati dall'inutilità della loro predicazione, i cappuccini fanno ricorso all'autorità: con l'Editto del 22 Settmbre 1633 Vittorio Amedeo di Savoia impone agli "eretici" di abiurare o allontanarsi definitivamente sotto minaccia di morte e di confisca di tutti i beni.
Memori di troppi anni di persecuzioni più di 1000 paesanesi lasciarono le loro case (nella Parrocchia di S. Margherita erano dunque in numero maggiore dei cattolici) [ 4 ], che furono incendiate, pare sotto pressione dei cappuccini (e con la partecipazione di alcuni cattolici locali),
La draia d'en Pravierm: luogo in cui si svolgeva
il "marchà d'i barbat" [ 5 ]

al fine di impedire loro il ritorno.
In tutto il territorio compreso tra i confini con Sanfront e Oncino e nelle valli laterali non rimasero che poche famiglie che avevano abiurato (tranne forse a Croesio, dove furono in maggior numero a tornare al culto cattolico). Lo spopolamento di tanta parte del territorio portò gravi conseguenze all'economia di Paesana (le tasse non diminuivano e dovevano essere distribuite tra gli abitanti), per molto tempo interi valloni rimasero in gran parte incolti e si igerbidirono.

Si registrarono ancora per anni alcune marginali scorrerie di paesanesi riformati provenienti dalla Val Pellice, forse con l'intento di non permettere ad altri di occupare le proprie antiche terre ma il Valdismo e la riforma non sopravvissero in Val Po.
Si narra però che, ancora all'inizio di questo secolo, in qualche borgata di Prato Guglielmo e nelle baite alte al confine con Oncino, qualcuno, in segreto, seguisse ancora i precetti dell'antico culto dei propri antenati.
Probabilmente non è che una leggenda (come quella delle "tupine" piene di marënguin che gli eterodossi avrebbero sotterrato in qualche borgata di Prato Guglielmo prima di fuggire - da notare che gli abitanti di Ruà d'i Miné sono detti "tupiné") ma a noi piace pensare che la testa dei montanari sia più dura di tutte le violenze culturali, religiose e politiche che la storia ci ha inflitto.

NELLA FOTO A DESTRA: bosco nei pressi della borgata Bric, sullo spartiacque tra la Comba dell'Erasca e Prato Guglielmo, abbandonato da una decina d'anni: così doveva apparire anche dopo la cacciata degli eterodossi, verso il 1645 quando questi valloni furono per decenni spopolati, proprio come accade oggi per motivi diversi legati alla marginalità del mondo rurale montano nell'economia globale moderna ma forse anche all'incapacità di gestire il territorio in maniera da metterne in luce i pregi.



Comba dell'Erasca, le borgate Poursil (Porcili) e Boursa (Borsa).
Entrambe oggi non hanno neppure un abitante (anche se qualche
casa dei Poursil è stata ristrutturata per il turismo estivo).



Da "Breve storia di paesana, tra media e alta Val Po"
di Silvia Crespo e Matteo Pischedda,
Stage di "Operatore Turistico in aree di particolare pregio"
(5B LM9135 1 pratica n. 595 anno 1996-'97)


[ 1 ] testo tratto da "Paesana, Memorie del tempo" documenti, storia ed arte ai piedi del Monviso. Di G. Di Francesco e T. Vindemmio (Alzani Editore Ottobre 1998)
[ 2 ] E' possibile che l'insediamento di popolazioni provenienti da altri Comuni sia avvenuta successivamente alla definitiva cacciata dei Valdesi da Prato Guglielmo ma è abbastanza improbabile tenendo conto del decremento demografico dovuto alla peste del 1630.
[ 3 ] dati ricavati da "Paesana, Memorie del tempo".
[ 4 ] dal Bollettino parrocchiale della Comunità Cattolica di S. Margherita di Paesana anni 1983/84 (Don Raso).
[ 5 ] foto tratta da "Travajé për vivi", testimonianze raccolte nelle Valli Po, Bronda e Infernotto dal Gruppo di Ricerca "Mare Tèra".


BIBLIOGRAFIA:
- A. Pascal, "Margherita di foix ed i Valdesi di Val di Paesana", Athenaeum Pavia, 1916;
- C. Isaia, "Al Monviso per Val di Po e Val di Varaita", Beuf Torino, 1874;
- "Paesana, Memorie del tempo" documenti, storia ed arte ai piedi del Monviso. Di G. Di Francesco e T. Vindemmio
- Bollettino della Comunità Cattolica di S. Margherita di Paesana (autore Don Raso)


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